Oggi scopriamo un breve tratto di una Via, l’Amerina, che coniugava il territorio Falisco con quello umbro. Di lei si diceva che già, “ab antiquo”, dalla etrusca Veio si spingesse su nell’alto nord a lambire le lagune Venete. Una certa opinabile letteratura la riporta come “Via romana”, e noi siamo fermamente convinti del contrario soprattutto per la datazione dell’anno di costruzione della stessa, fissato al IV sec. A.C., ma forse potrebbe essere anche precedente. Semmai la romanizzazione ne ha “coagulato” tutti i suoi tratti; le caratteristiche fisiche ne connotano la sua chiara origine “falisca”: la sua carreggiata di circa 3 mt. mostra tutto il suo D.N.A.. I romani, dopo il III sec. A.C., l’hanno lastricata con “basoli”, sovrapponendo, al fondo stradale etrusco-falisco di tufo con canalina, le pietre caratteristiche tutt’ora evidenti ma, certamente, il raccordo Veio-Roma è frutto di intervento romano.
Utile alla storia italiana, la Via Amerina, ha finito i suoi giorni nel tardo medioevo quando al termine del conflitto longobardo-bizantino, iniziò un lento abbandono.
Sempre affascinante appare questo tratto di strada che, ancor prima di risegarsi nel tufo, supera il fosso dei tre ponti con un’elegante ed imponente struttura a più arcate. Dal ponte la Via ha già lasciato alle sue spalle Nepi, l’Isola Conversina e la Torre dello Stroppa, che sono le uniche emergenze significative verso Roma, mentre a nord si accinge a superare il Fosso Maggiore, il Rio Calello e del Purgatorio. Ma in un lontano passato la Via Amerina si congiungeva con Falerii Novi, Corchiano, Gallese, Fabbrica di Roma e Vasanello (Vignanello). Poi decisamente puntava verso Orte (ed il suo porto di Seripola sul Tevere), quindi Amelia e Todi, Bettona e Perugia. Si spingeva infine verso ovest a raggiungere Chiusi ed oltrepassare Ravenna.
Buona parte dei suoi tratti viari, scippati da altre strade ed asfaltati, fanno parte dei percorsi della rispolverata Via “Francigena”, oggi percorsa da migliaia di persone dirette verso Roma, a ripetere il verso dei pellegrini di mille anni fa! Brevi segmenti superstiti si ritrovano, anonimi, semisommersi in stato di dissesto idro-geologico o danneggiati da interventi devastatori dell’uomo, altri inglobati nel parco di qualche villa, per il piacere megalomane di qualche “acculturato” di mostrare una “tagliata” od un accesso strada “basolato”.
Entrati nel Cavo degli Zucchi, superato il Rio Maggiore, la Via presenta un elegante lastricato in pietra lavica ed ostenta con orgoglio templi e tombe gentilizie monumentali. Il riassunto di tutto il fascino ed il carattere tenace e nobile di un valoroso popolo che amava i propri defunti e l’aldilà. Magnifiche sono le deposizioni del IV secolo a.C., mentre alcune per le vicissitudini proprietarie di quel tempo, ridotte al rango di colombari intorno al II sec. a.C.
La via Amerina
Terminato questo bel significativo “Cavo”, inutilmente si potrebbe ricercare la Via Amerina, ma questa torna più avanti e più volte a far capolino verso il Monte Cimino nelle cittadine che furono lucumonie. E’ una strada “perduta”, perduta con tutte le sue emergenze sepolte con la storia del suo piccolo grande mondo.
Frattanto raggiunta Falerii Novi per strade traverse, ed aggirato un formicaio di case “moderne” penetriamo attraverso la maestosa porta “Giove”, antico accesso della città. Ma ovunque è “PROPRIETA’ PRIVATA”.
Non ci resta che fotografare dall’esterno l’elegante antica Chiesa di S. Maria di Falleri, e l’adiacente Abbazia, aperta al pubblico fino alle ore 13.00, ed osservare attraverso un corridoio transennato con palizzate le poche vestigia visibili della città, il resto è tutto ancora da scoprire e già … con il pretesto che possediamo troppe emergenze archeologiche. Qui i romani avevano relegato gli abitanti di Falerii Veteres, combattuti e dominati, scollati dalla loro bella lucumonia collinare protetta da forre e corsi d’acqua. Condannati per aver ostacolato attacchi alla ricca Etruria! Pesante la sentenza, veri arresti domiciliari per i vinti! Domicilio coatto, prigione dorata e lavori forzati.
Ricordiamo che la città nuova fu fatta completamente costruire dal popolo sottomesso su una vasta pianura ove gli abitanti non avrebbero potuto “incastellarsi” ed intentare una rivolta! Falerii Novi venne cinta da imponenti mura, parte delle quali ancora visibili. Il grande portale, la cosiddetta “Porta Giove”(esistevano anche altri accessi), veniva aperto all’alba, permettendo la fuoriuscita di “contadini” verso i campi di lavoro e richiuso al tramonto, quando l’ultimo lavorante faceva ritorno!
Etruria e territorio Falisco dopo più o meno sette secoli torneranno liberi, alcuni torneranno a far rivivere la loro lucumonia. Era allora l’anno 476 d.C., quando l’ultimo imperatore romano, Flavio Romolo Augusto (spreg. Augustolo) venne deposto ad opera del germanico Odoacre. La conquista romana aveva fatto il suo tempo, ma ormai aveva tagliato le radici alla popolazione falisca, Il cristianesimo spodestato le antiche divinità “pagane”, ed ai falisci rimanevano soltanto ricordi tramandati oralmente, di generazione in generazione (ben 28 succedutesi), che hanno permesso in parte la ricostruzione della loro storia.
(Dal Dizionario illustrato della Civiltà Etrusca – di Mauro Cristofani – ed. Giunti “Firenze 3 Marzo 1985”)
(Dal gr. Falérioi; oggi Civita Castellana – Prov. Viterbo)
Pincipale centro dei Falisci, è considerata, secondo la tradizione che risale a Catone, una colonia argiva fondata dal mitico eroe Halesus, fuggito da Argo dopo l’uccisione di Agamennone; questa tradizione è ripresa più tardi da Dioniso di Alicarnaso, che ne sostiene la fondazione ad opera dei Pelasgi. In epoca storica le politiche di Falerii V. sono strettamente connesse a quelle del popolo falisco, di cui essa era la capitale. Falerii partecipò attivamente a fianco dei Veienti alla lotta contro Roma, subendo un saccheggio nel 399 a.C.. Dopo la conquista di Veio ad opera di Furio Camillo, le fonti riportano da un lato l’espugnazione di Falerii nel 395 a.C. e la stipulazione di una pace l’anno successivo, dall’altro la spontanea sottomissione della città e del popolo falisco, a seguito del leggendario episodio del maestro di scuola e del suo fallito tentativo di tradimento. In ambedue i casi è evidente comunque che Falerii non fu definitivamente debellata, tanto che nel 357 partecipò ad una nuova insurrezione falisca contro Roma, a fianco dei Tarquiniesi. Nel 351 venne sconfitta e stipulò una tregua di quarant’anni (indutiae), tramutata nel 343 in trattato di alleanza (Foedus). Nei successivi cinquant’anni i falisci si mantennero fedeli a Roma, e Falerii ospitò nel 298 a.C. un presidio romano. Nel 293 avvenne una nuova rivolta dei falisci e quindi la stipulazione, nello stesso anno, di un trattato di pace con Roma. Nel 241 a.C., al termine della prima guerra punica e a seguito di un’ulteriore insurrezione falisca, Falerii subì sei giorni di assedio, dopo di che capitolò e fu conquistata dai romani. I Falisci furono costretti ad abbandonare la città ed a ricostruirne una nuova più ad ovest non lontano dalla precedente, in una zona pianeggiante, priva delle difese naturali del primitivo centro.
La città romana, si trova sull'attuale territorio comunale di Fabrica di Roma, a circa tre chilometri da Civita Castellana, su una strada che forse potrebbe essere la via Annia, una deviazione della via Cassia; Il perimetro della città é di 2108 metri e la sua forma è approssimativamente triangolare. Le mura sono un esempio notevole, fine e ben conservato, di architettura militare romana.
Sulle mura erano ricavate circa 80 torrette, di cui 50 sono ancora ben conservate. Le porte di accesso erano 8, ed in particolare due di ottima fattura e di dimensioni notevoli. Delle costruzioni all'interno delle mura appena qualche cosa è conservato sopra terra, comunque il foro ed il teatro (come anche fuori delle mura l'anfiteatro e l'arena che misurava 55 per 33 metri) sono stati del tutto scavati nel XIX secolo.
L'unica struttura che ancora si conserva è la chiesa abbaziale cistercense di Santa Maria di Falleri, costruita alla fine del XII secolo per iniziativa di monaci provenienti dalla Savoia. Al portale lavorarono anche alcuni marmorari "cosmati" che probabilmente si ispirarono ad antichi monumenti già in zona.
Vanì, 29-10-2012
E' interessante leggere il Saggio del Ns Vanì e le foto scattate nell'escursione del FEBBRAIO 2010 a QUESTO LINK